QUELLI DELLA MONTEFORATO SULLE APUANE D’ INVERNO
UN ALPINISMO DI RICERCA
Sarà il codice rosso che ieri hanno emesso per le brutte previsioni meteo che mi fa preoccupare e non prendere sonno. Così mentre mi rigiro nelle coperte con gli occhi aperti nel buio della notte, la mente viaggia. Di fantasia…o di realtà?
Non me ne vorrà Alessandro Gogna se, per definire, quello che per Noi della Monteforato, è stato l’alpinismo invernale apuano, prendo a prestito il titolo del suo famoso libro: “Un Alpinismo di ricerca” .
Così dopo esserci fatti le ossa con le varie ripetizioni degli itinerari apuani invernali più o meno classici: canale dei Carrubi, Amoretti-Di Vestea, canale del Serpente, Zappelli al Pisanino e al Pizzo delle Saette, nord-est della Pania Secca, Cresta della Mirandola, ect. ect. Con l’esempio del grande alpinista genovese Gianni Calcagno, assiduo e silenzioso frequentatore nella stagione invernale delle nostre Apuane, autore di vere perle. Dopo un incontro illuminante con il Maestro del ghiaccio Giancarlo Grassi in quel di Pietrasanta.
Ecco che “Quelli della Monteforato” prendono consapevolezza e iniziano una “RICERCA” di qualcosa di nuovo che le nostre Apuane avevano ancora da dirci e donarci nella “brutta” (per me bella) stagione invernale. E’ così che le cime e le pareti neglette, perché di rocce rotte ricche di “paleo” la tenace erba apuana, evitate dall’arrampicatore esigente, se affrontate nelle giuste condizioni, si trasformano in terreno ideale per l’appassionato alpinista invernale.
Sono spesso l’attimo fuggente, la voglia di mettersi in gioco, la pazienza di saper aspettare ma anche di ritornare al momento giusto, la necessaria miscela di ingredienti per la riuscita e per non tornare a casa senza un nulla di fatto. Ma tutto questo fa parte del gioco di questa “effimera realtà” .
Inizio questa Nostra storia con il freddo e nevoso inverno del 1985. Sulle pendici del monte Fiocca nasce il couloir cascata “Doccia Fredda” per poi ripetersi li a fianco, sul ramo di sinistra, due anni più tardi con “Ghiacciomania”.
Seguono anni di ripetizioni tra cui spiccano per importanza il bellissimo “Couloir nord alla Roccandagia”, lo “sperone O.N.O.” del Pizzo delle Saette. Poi nel 1998 ecco tre belle prime salite: “Toro Seduto” e “Dry Tooling” sulla N.E. del monte Pisanino; “Ghirigoro” sul Pizzo Maggiore degli Zucchi di Cardeto. L’inverno successivo, 1999 altra bella prima la “Diretta del Vetriceto” alla parete Nord del Pizzo delle Saette, regno del misto.
Gli anni passano, la tecnica di scalata e gli attrezzi evolvono. Da prima sono le lame delle piccozze a curvarsi a banana. In seguito saranno i manici che da dritti si faranno curvi. Anche i ramponi subiranno importanti modifiche, altrettanto faranno le viti da ghiaccio. Insomma la tecnologia ci viene in aiuto. Ma è grazie alla crescita delle capacità tecniche, favorita dalla ripetizione di numerose cascate di ghiaccio nelle vallate alpine e di diversi itinerari di misto e ghiaccio sulle Alpi, che matura una maggiore consapevolezza dei propri mezzi e sopratutto è un rinnovato gusto per l’avventura e la ricerca, che permettono al Gruppo della Monteforato di scrivere altre belle e nuove pagine di alpinismo invernale apuano. Naturalmente non mancano anche altre ripetizioni di pregio: la via “Elisabetta” alla nord del Pizzo delle Saette e le vie” dei Lucchesi” di sinistra e di destra all’Antecima Nord della Pania; il Canale di Grondalpo alla Roccandagia. La Calcagno-Piombo alla nord del Cavallo. Poi ci sono anche alcuni tentativi rimasti tali. Ma di questo non rivelo nulla. Nemmeno sotto tortura!
Il ventesimo secolo finisce e Noi lo salutiamo alla grande con una bella prima: GOOD BYE 900 sulla dimentica parete del Colle della Lettera. Queste belle colate poste nel lato destro della parete, l’avevamo già notate un po’ di anni prima. La voglia di tentare era grande, ma forse i tempi non erano ancora maturi, così lasciammo perdere.
Da li in avanti, nel giro di alcuni anni, la parete del Colle della Lettera vedrà un vero e proprio assalto ad opera del Gruppo della Monteforato, con l’apertura di tutta una serie di vie e varianti di ottimo livello tecnico. Nascono così: Yerba Mate Taragui; Pik Ciuffo Verde; Gad il Polveroso; Scottish Highway; Mistic Wall; Supermistic; Havana 7 ; Non se gana però se goza; Jak mani di merda; la Enzo Balducci, dedicata al gestore del rifugio Rossi; Apuane Selvagge, dedicata alla bellezza di queste nostre montagne; State of mind; Sale e pepe. Insomma una vera e propria ragnatela di itinerari.
Il vicino rifugio Rossi sarà il punto di partenza, un po’ come la Cic Hut del Ben Nevis, per tutte queste numerose aperture, che non si limiteranno alla sola parete del Colle della Lettera, ma vedranno come protagonista anche il versate nord-est dell’Antecima nord della Pania della Croce. Anche lì mica scherza la Monteforato: la via della Rampa; Dove osano gli sgracchi; L’urlo del Cayote; Yahoo; Si mi sembra forse può darsi; la via del Totem; Uomini nella nebbia; Maj Way; il caratteristico e severo caminone di “Io speriamo che me la cavo” dove ci permettemo di scomodare il grado ED; “Di Turf in Trup” una recente variante d’uscita alla via Vatteroni e “Good Friends Great Respetc” partendo dalla via Amoretti.
Anche la Quota 1750 vede la nostra visita con l’apertura di due itinerari: “Classico è Bello” e “Imbecaro Deraglia 2 a 0” . Stesso destino per la Pania Secca sul bel pilastro subito a destra del classico canale N. O. con la via “Oggi ci siamo mossi sull’effimero”.
Ma non potevamo certo dimenticarci della vicina e maestosa parete nord del Pizzo delle Saette. La ripetizione degli itinerari esistenti apre gli occhi su altre possibilità. Dopo alcuni tentativi, ecco che proprio in centro, tra la via Vasco di Cocco e la via Montagna, ci riesce l’apertura della via JEDI. Sono necessari 700 metri di impegnativa arrampicata per arrivare in vetta al Pizzo che raggiungiamo all’imbrunire. Bellissima discesa alla luce della luna. Solamente nel bosco accenderemo le frontali.
Sempre la nord del Pizzo delle Saette vedrà anche una veloce e solitaria prima ripetizione invernale della via Zappelli. Poi un bel concatenamento solitario delle vie: “Lucchesi” all’Antecima Nord e “Borra ghiacciata” al Colle della Lettera.
Anche il monte Corchia d’inverno ci regala una bella chicca. Sfruttando in parte un via estiva di roccia le cui placche si ricoprono di ghiaccio, disegnamo la via “Simona Ice e Dry” con un tiro di d’uscita su misto decisamente delicato.
Ma non me ne voglia la Regina delle Apuane, non c’è mica solo Lei con la sua Antecima Nord e il Colle della Lettera. Al centro della catena c’è il Sumbra. Alla solare e visibilissima parete sud, si contrappone un’ appartata e solitaria parete nord. Anche qui tanta fastidiosa erba verticale, che con il gelo però diventa un terreno perfetto da affrontare d’inverno. Sappiamo che Gianni Calcagno c’è già passato aprendo un paio di itinerari. La nostra idea è di salire al centro dove la parete è più verticale e si ricopre di ghiaccio. E’ una grande linea sicuramente difficile. Ci informiamo per bene perché vogliamo assolutamente evitare di salire dove Calcagno è già passato. Le informazioni che riusciamo ad avere da persone a lui vicine, lo escludono. Quindi decidiamo di provare. Dopo alcuni tentativi riusciamo. La via come pensavamo si rivela molto difficile, di problematica protezione ma sopratutto è entusiasmante. Siamo euforici. Per la conformazione del ghiaccio tutta onde la chiamiamo “Onda su Onda”.
Purtroppo qualche anno dopo, veniamo a scoprire, con molto dispiacere, che Calcagno c’ era già salito. Ammirazione e dispiacere si fondono.
Ammirazione per le grandi capacità tecniche e psicologiche di quest’uomo e del suo compagno . Ma allo stesso tempo dispiacere, non tanto perché la via non è più nostra e ci dovremo accontentare della prima ripetizione. Piuttosto per esserci attribuiti, nostro malgrado, di una via di altri. Sopratutto di una persona come Gianni Calcagno che per noi è stata un punto di riferimento, un esempio. Oltre a questa prima ripetizione, apriamo una bella variante ad un’ altra via di Calcagno a cui però non diamo il nome e nel settore sinistro, in mezzo a degli evidenti pilastri, riusciamo ad aprire altri due itinerari: Il Volo dell’aquila; e la via Tessandori-Puccetti.
Spostandoci ancora verso nord ecco la Roccandagia. Sul versante ovest che guarda la Carcaraia avevamo visto delle interessati linee dal monte Cavallo. Così nel 2003 ecco l’apertura di tre nuovi itinerari: “XXV anni di Monteforato”, dedicata alla nostra Scuola; “Orione” e “Chattanooga Ciù Ciù” . Ma è la sua severa e repulsiva parete nord-est che si affaccia sull’ amena conca di Campocatino che più attira la nostra attenzione e stimola i nostri desideri. Abbiamo osservato più volte d’ inverno questa parete con l’idea di salire nel suo settore centrale. Pur essendo molto ripida, se non verticale, la parete s’impasta di neve che in determinate situazioni si trasforma in ghiaccio. Però è esposta al sole. Qui più che mai è importante cogliere l’attimo fuggente.
Dopo un primo tentativo, ecco che nel 2009 riusciamo ad aprire “Meglio anomali e anonimi” che per bellezza e difficoltà non ha nulla da invidiare al vicino Couloir Nord. Mentre più a sinistra ci concediamo il bis con la via “Marcellino” dedicata al fratello di uno degli apritori.
Non potevamo certo trascurare l’elegante monte Cavallo. Sulla breve ma ripida parete nord subito a destra della via Calcagno-Piombo, realiziamo l’aerea “Pegasus” . Mentre sul versante N.E. a sinistra del canale Cambron individuiamo la possibilità di salire ben quattro nuovi itinerari. Nascono così: E’ uscito il sole chi la uscito sei tu; Spit friends cazzi e mazzi; Di turf in turf, Chi t’ice acconsente.
E il Grondilice? Della storica Frisoni-Stagno al centro della n.e. facciamo la prima in piolet-traction. Poi anche qui salutiamo l’arrivo del 2000 con “Bienvenidos dosmil” e ci ripetiamo con “Ascolta il silenzio” che in seguito diventerà una classica; con la più effimera “Ghiaccio è bello” e “Quelli che il ghiaccio” sulla compatta placca a sinistra della Fessura Malerba che ogni tanto si ricopre completamente di ghiaccio. Una rarità da non farsi sfuggire!
Una ricognizione al versante ovest del Garnerone, ci permette di scoprire un bell’itinerario a destra del canale del Gobbo che chiameremo “Senza macchia e senza paura” .
Sempre sugli Zucchi di Cardeto, è il Pizzo Altare a regalarci “Bella Figheira” sulla breve ma arcigna parete che guarda la Serenaia.
Il Pisanino vede due tentativi di ripetizione della severa via dei Paoli. Il primo naufragato per il rialzo termico. L’altro invece per la necessità di portare soccorso a due persone che il giorno prima avevano fatto un atteraggio di emergenza con il loro piccolo aereo sotto il passo delle Pecore. Roba da matti…! Li per li non ci volevamo credere.
Il versante N.E. vede un nostro ritorno con l’apertura di “Cassiopea” sulla pala a sinistra della via Zappelli. Poi l’inaspettata “Inseguiti dal sole” su l’assolato versante sud a sinistra del canale Sambuco.
Ho detto tutto ? A già dimenticavo…la nord del Pizzo d’Uccello. Ma come si fa a dimenticare la parete più grande delle Apuane….? Parete incredibile d’inverno! In particolare il settore di sinistra, quello che arriva fino alla Diretta dei Pisani. Grazie alla sua articolata conformazione tutta canalini, cenge e diedri e alla non eccessiva verticalità che permette alla neve di fermarsi. In determinate condizioni si trasforma in un must dell’arrampicata invernale su misto. Cinque salite d’inverno sulla parete nord. La prima sulla via “Oppio-Colnaghi” dopo un precedente tentativo naufragato affogando nella neve sui primi tiri. La seconda sulla via della “Gola”. La terza sulla classica via dei “Genovesi” dove le condizioni non proprio perfette ci fecero un po’ rognare. La quarta per la prima ripetizione di “Seven Up” sottostante il Ripiano di Capradossa. Infine la quinta, ritrovandoci in una inaspettata quanto simpatica “gara” tra “scapoli e ammogliati” che si rincorrevano sulla lunga quanto bella via “Cantini-De Bertoldi” . Gli “Ammogliati” super leggeri per uscire assolutamente in giornata. Si sa, son vecchietti e le loro arrugginite e scricchiolanti giunture mal sopporterebbero un bivacco. Gli “Scapoli” invece son giovani e super attrezzati. Con tanto di ottimo te caldo aromatizzato e tocchi di buon (…mmm..??) parmigiano, gli fa una pippa a loro il freddo. Gara finita festeggiando la bella giornata con una ottima cena al rifugio Donegani .
Che dire? Sono stati anni di frenetica ed entusiasmante attività. Solo nell’inverno 2000 abbiamo aperto ben quindici nuovi itinerari oltre a due ripetizioni. Anni che ci hanno regalato tante soddisfazioni ma sopratutto tante emozioni. Anni che rimarrano per sempre impressi nella Nostra mente perché c’è voluta tanta – fantasia – che poi è divenuta una “ effimera realtà” .
Va bè dai, rimettiamoci a dormire che tra poco è l’ora di alzarsi per andare a scalare che ci sono le condizioni.
Alberto Benassi
dicembre 2017